giovedì 12 settembre 2013

Ricerca, innovazione e inventiva: la nostra ultima possibilità

Di fronte all’inadeguatezza delle misure tradizionali è necessario puntare tutto su ricerca, innovazione e libertà di impresa: basterebbero due Apple e una Microsoft per risolvere il problema del debito pubblico.


di Achille Nobiloni

Domanda n. 1: se il debito pubblico italiano cresce ormai al ritmo annuo di circa 100 miliardi di euro e 5 o 6 punti di incidenza percentuale sul Pil, a cosa possono servire poche decine di miliardi derivanti dalla dismissione dei cosiddetti gioielli di famiglia?
Domanda n. 2: in uno scenario di prolungata crisi mondiale e di fronte alla prevedibile concorrenza delle nuove economie in via di rapido sviluppo, un Paese privo di grandi risorse naturali e ormai impoverito come l’Italia quali possibilità ha di rimettersi in piedi e ricominciare a crescere al ritmo degli altri Paesi europei?
Domanda n. 3: a cosa dovrebbe puntare il Governo per risanare l’economia nazionale e tentare di risollevare le sorti dell’Italia?
Una risposta alquanto inquietante alla prima domanda viene dall’articolo di Paolo Cirino Pomicino sul Foglio di oggi. Dopo aver ricordato la massiccia campagna di dismissioni avviata negli anni ’90 (lui la chiama “stagione di spoliazione del Paese”) che riguardò praticamente tutto il sistema bancario nazionale e grandissima parte dell’industria pubblica, l’ex-ministro democristiano scrive: “Mentre avvenivano le vendite descritte per oltre 150 miliardi di euro il nostro debito pubblico è aumentato di oltre 1.200 miliardi di euro (da 839 miliardi del ’92 a oltre 2.000 miliardi attuali). Un disastro economico, sociale e morale nascosto sotto il manto della lotta al debito che continua imperterrito ad aumentare con la guida della nostra economia da vent’anni messa nelle mani di autorevoli tecnici”. E aggiunge: “Da qualche settimana risentiamo con orrore lo stesso ritornello che sentimmo nel lontano 1994, quello della lotta al debito pubblico con la vendita di aziende pubbliche. Un ritornello che ha trasformato in venti anni l’Italia in una colonia di rango del capitalismo europeo e internazionale e che sta da qualche anno alla canna del gas sul piano finanziario, economico e occupazionale”.
Insomma un quadruccio niente male, all’interno del quale una manciata di miliardi derivante dalla svendita di quel che resta di qualche partecipazione pubblica di rilievo più gli ipotetici proventi di qualche vendita immobiliare potrebbero servire al massimo a dare una limatina a qualche tassa o a evitarne di nuove ma non certo a risanare l’economia e avviare la crescita.
E allora quali sono le possibilità di rinascita di quella che nel 1987 Giuseppe Turani chiamava La Locomotiva Italia predicendo per essa, di lì a pochi anni, il sorpasso della Germania e il posto più alto sul podio europeo?
UN POPOLO DI POETI DI ARTISTI DI EROI DI SANTI DI PENSATORI
DI SCIENZIATI DI NAVIGATORI DI TRASMIGRATORI
Indebitata com’è, priva di risorse naturali se non le bellezze paesaggistiche e il patrimonio artistico, destabilizzata politicamente, nelle posizioni basse delle graduatorie mondiali su qualità della vita, efficienza dei servizi, funzionamento della Giustizia, lotta alla corruzione, ecc. l’unica strada forse percorribile per l’Italia è puntare il tutto per tutto sulla ricerca e l’innovazione dando il massimo sostegno possibile all’estro e l’inventiva che hanno contraddistinto gli italiani in tutte le arti e le scienze nel corso dei secoli.
Detta così può sembrare un’uscita patriottica, piena di retorica, ma provate a immaginare una Scuola, un’Università e dei centri di ricerca pubblici, moderni, bene attrezzati, in grado di trattenere e incentivare i “cervelli” italiani invece di spingerli a fuggire all’estero: basterebbero due Apple e una Microsoft per risolvere il problema del debito pubblico, società nate in un garage o fondate da studenti teenager che ne corso degli anni hanno toccato capitalizzazioni superiori a 600 miliardi di dollari l'una!
Sappiamo tutti che le prime necessità dell’Italia sarebbero quelle di riavviare la crescita e l’occupazione, razionalizzare la spesa e ridurre il debito. Sono anni che, almeno a parole, i governi che si sono susseguiti hanno fatto promesse e tentativi in tal senso.
Però sappiamo anche che mentre noi dicevamo di volerci provare (purtroppo senza riuscirci) il mondo intorno a noi è cambiato, il divario tra noi e altri Paesi e aumentato e nuove economie si sono affacciate all’orizzonte e mentre noi siamo diventati i più prolifici e i primi della classe in tema di burocrazia, leggi e cavilli, gli altri sono andati avanti o sono retrocessi molto meno di noi.
A questo punto non ha più senso ostinarsi a tentare di recuperare terreno con i vecchi mezzi e le vecchie modalità: il distacco è troppo ampio e troppo difficilmente colmabile con le misure tradizionali fin qui utilizzate.
L’ unica strada possibile è azzerare e ridisegnare tutto.
Ricerca, innovazione, inventiva, maggior libertà di impresa devono diventare le nostre risorse nazionali con le quali supplire alla carenza di quelle naturali. E’ quindi su di esse che il Governo dovrebbe concentrare il suo impegno, piuttosto che nei soliti incentivi e agevolazioni a pioggia che servono solo a tacitare temporaneamente settori e situazioni particolari assorbendo inutilmente risorse preziose, indispensabili per sostenere le nostre ultime possibilità di rinascita.

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