martedì 29 ottobre 2013

Non sempre chi fa da se fa per tre

di Achille Nobiloni
 
Di fronte al perdurare della crisi economica sono molti in Italia quelli che dicono e scrivono, specialmente sui social network, che per risollevarci dalla difficile situazione in cui ci troviamo occorre: riappropriarci della sovranità nazionale, uscire dall’euro, fregarcene del limite del 3% al rapporto deficit/PIL, stampare moneta e ribassare drasticamente le tasse.
Io non ho studiato economia ed è quindi probabile che dica delle grandi sciocchezze ma a buon senso quella sopra descritta mi sembra una battaglia di retroguardia combattuta più contro l’Unione Europea e contro la Germania in particolare che contro la crisi economica, per uscire dalla quale si vorrebbe in tal modo seguire una scorciatoia impervia, scoscesa e rischiosa piuttosto che una strada maestra magari in salita e quindi più faticosa ma certamente più sicura. 


Se andiamo a vedere bene l’Italia sarà pur sempre la seconda industria manifatturiera d’Europa ma è un Paese con un’industria frastagliata in una miriade di aziende di dimensioni piccole e piccolissime, un Paese povero di materie prime e risorse energetiche, un Paese le cui uniche ricchezze (turismo, arte e intelletto) hanno bisogno di grandi risorse economiche per essere adeguatamente coltivate e messe a frutto, insomma un Paese che con le poche forze residue difficilmente riuscirebbe a camminare da solo e comunque non andrebbe certo molto lontano. Superare la soglia del 3%, stampare moneta e ribassare le tasse potrebbe voler dire, nell’immediato, allentare la pressione sulle famiglie e ridare un po’ di slancio all’economia interna ma mi chiedo – io che, ripeto, sono profano di economia – ha ancora senso al giorno d’oggi parlare di economia interna?
Senza grandi risorse proprie, con un debito pubblico tanto alto da sfiorare ormai i 2.100 miliardi di euro, quale sarebbe la nostra affidabilità agli occhi degli altri Paesi? Quale credito avrebbero la nostra moneta e i nostri titoli di Stato all’estero? Quale sarebbe la spendibilità del nostro debito pubblico sui mercati internazionali?
Io credo che la nostra moneta e i nostri titoli pubblici diventerebbero in breve tempo carta straccia e al di fuori dei sia pur fastidiosi e vincolanti strumenti di controllo e tutela europei l’Italia sarebbe facile preda della speculazione e presto destinata al tracollo.
Non sempre chi fa da se fa per tre. Credo piuttosto che gli sforzi italiani anziché alla ricerca di una improbabile soluzione autarchica, andrebbero indirizzati verso una soluzione condivisa a livello europeo che: passi per una rivisitazione degli accordi per tener conto delle situazioni nazionali più critiche (oggi posso essere in difficoltà io, domani tu, dopodomani un altro, proprio come una decina di anni fa lo fu la Germania); porti a una nuova strategia comune nei confronti della crisi e ricollochi l’Europa tutta in una posizione più forte, o quanto meno più equilibrata, nei confronti dei BRICs e degli USA.

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