martedì 28 gennaio 2014

Stipendi alti e stipendi bassi: chi toglie soldi a chi?

Di Achille Nobiloni

Dialogando su facebook con un mio quasi ex-compagno di scuola (abbiamo frequentato la stessa scuola elementare negli stessi anni ma in sezioni diverse) mi dice che lui non se la prende con chi guadagna un bello stipendio ma non gli sta bene se gli dicono che tolgono soldi a lui per darli a chi guadagna molto più di lui.
Il riferimento è alla diversità dei trattamenti retributivi ma anche alla diversità dei trattamenti pensionistici e a quella tra calcolo retributivo e contributivo e io gli faccio notare che oggi come oggi, che lui è in pensione, nessuno toglie soldi a lui per darli ad altri visto che anche la sua pensione è “retributiva”.
In proposito il mio amico, con simpatie 5 stelle, mi dice che attualmente la sua pensione è pari all’80% della sua ultima retribuzione che era pari a 3.500 euro al mese.


A questo punto mi è venuto spontaneo fargli il discorso che riproduco pari pari qui di seguito:
“A me piace affrontare i temi uno alla volta e con un approccio pragmatico e concreto.
1) Parliamo quindi di pensioni retributive e contributive. C’è chi dice che con il metodo retributivo chi prende di più toglie soldi a chi prende meno. Non è vero, semmai li toglie alle generazioni future ed è quindi giusto cambiare sistema ma con la dovuta gradualità e i dovuti accorgimenti, prima di tutto per non penalizzare i giovani di oggi ma anche per non colpevolizzare intere generazioni di pensionati e neopensionati la cui unica colpa è quella di aver beneficiato di un sistema che non loro, ma lo Stato e i politici che lo guidavano, avevano messo in piedi e giurato più volte, tra scalini e scaloni vari, di aver risanato e messo in sicurezza.
2) Parliamo di pensioni attuali. Anche la tua è retributiva e se ora venisse immediatamente applicato il "contributivo subito per tutti", come alcuni chiedono, anche la tua pensione dovrebbe essere ritoccata al ribasso, che ti piaccia o no.
3) Proviamo a fare un confronto semplice semplice basato su 13 stipendi l'anno e su una pensione come la tua e su quella di un manager che guadagna 200.000 euro l'anno. Tu dici che guadagnavi 3.500 euro al mese e che la tua pensione è l'80% di quella retribuzione. Bene, vuol dire che avevi uno stipendio annuo di 45.500 euro sul quale, in base alle attuali aliquote fiscali, pagavi 13.610 euro di tasse pari a un prelievo del 29,9% e oggi prendi una pensione di 2.800 euro al mese, pari appunto all'80% dell'ultima retribuzione. Ok! Un dirigente che prenda 200.000 euro l'anno ne paga 79.070 di tasse, pari a un prelievo del 39,5% contro il tuo 29,9 (praticamente 40% contro 30%) e di pensione prenderà meno di 7.500 euro lordi al mese pari a meno del 50% della sua ultima retribuzione mensile, contro il tuo 80%. Pensi ancora che stiano togliendo soldi a te per darli a lui?.
Sto ancora aspettando la risposta ma nel suo caso sono certo che me la darà perché è persona in assoluta buona fede e della massima onestà intellettuale. E tra l’altro è un caro amico col quale ci divertiamo a confrontarci specialmente quando mi diverto a stuzzicarlo dandogli del “populista”.

lunedì 13 gennaio 2014

Welfare e tasse sulla casa: a "tirare la coperta" son buoni tutti!

Da decenni si continua a tirare da una parte all’altra la stessa vecchia coperta stretta. Piuttosto che avere un guizzo di fantasia per rinnovare politica, partiti e sindacati (e magari rischiare qualche poltrona o privilegio) ora è molto più facile mettere i figli contro i padri con la scusa del “conflitto generazionale”.

di Achille Nobiloni

A tirare da una parte all'altra la coperta stretta sono capaci tutti: è un esercizio che non richiede nessuna competenza particolare, nessuno sforzo di fantasia e di solito vince il più forte.
Questo è quello che accade quando i costi del welfare si vogliono coprire con nuove tasse sulla casa, quando il deficit viene ripianato con l’aumento dell’Iva o delle accise sui carburanti, quando per risolvere i problemi della previdenza non si trova niente di meglio da fare che bloccare l’indicizzazione delle pensioni o, come suggerirebbero alcuni, tagliare quelle ritenute “d’oro” (c’è chi dice lo siano già al livello di 3.000 euro lordi mensili!) applicando subito a tutti e per intero il sistema “contributivo” anche a chi in pensione c’è andato due-tre-quattro anni fa o ci sta andando ora dopo che per quarant’anni ha saputo che le regole erano altre.
Insomma sembra che governare l’Italia sia davvero facile: creare crescita e nuova ricchezza non se ne parla neanche; stare al passo con lo sviluppo degli altri Paesi è un optional e quindi non necessario; quando i soldi non bastano si “redistribuiscono” quei pochi che ci sono scatenando quella che sembra sempre di più una vera e propria “guerra tra poveri”, facendo però bene attenzione a non toccare i privilegi veri, e se poi i soldi ancora non bastano allora si vende (o svende?) ciò di cui lo Stato è proprietario ma non sa far rendere come dovrebbe.
Si parla tanto, e giustamente, di “responsabilità civile” dei giudici ma di quella dei politici non parla nessuno. Per i manager che arrecano un danno economico alla propria società c’è l’azione di responsabilità ma, a meno che la memoria non m’inganni, non ho mai sentito di un ministro al quale sia stato chiesto il risarcimento dei danni arrecati alle casse dello Stato. E quel che è bello è che fino al ribaltone delle ultime elezioni i politici italiani son sempre stati più o meno gli stessi e, come si diceva quarant’anni fa di Orietta Berti al Festival di San Remo, nessuno li voleva più ma tutti li votavano.
A governare l’Italia in questo modo son buoni tutti e infatti siamo arrivati dove siamo arrivati, con la coperta stretta tirata dal più forte di turno: Maroni mise lo “scalone” sulle pensioni (dice su imposizione di Bossi e Tremonti); Prodi lo tolse; la Fornero ha fatto quel che ha fatto e ora tutti hanno scoperto il welfare e le “pensioni d’oro”. Ma a parlare di misure di liberalizzazione e di semplificazione burocratica in grado di rilanciare almeno l’economia spicciola e la piccola impresa non ci pensa nessuno? 
 


Quando nell’estate del 1971 appena finito il liceo andai in Inghilterra per imparare l’inglese, mi ritrovai a fare il magazziniere in un motel della Esso a Maidenhead, nella periferia di Londra. Lavorai due mesi e mezzo, venivo pagato un tanto a settimana e alla fine del periodo mi dettero anche una piccola liquidazione. Lì era normale che i ragazzi d’estate facessero dei lavoretti per pagarsi un viaggio, una chitarra elettrica, una macchina usata o per mettersi da parte qualche soldo, non come in Italia dove la cosa era impossibile per almeno due motivi: il pregiudizio (un minorenne mandato a lavorare invece che in vacanza voleva dire come minimo che la famiglia era caduta in disgrazia!) e la burocrazia (assicurazione, permessi, ufficio di collocamento, previdenza, ecc.).
Tempo fa su facebook girava una storiella di fantasia che spiegava in modo esemplificativo e pittoresco perché in Italia aziende come Apple e Microsoft non sarebbero mai potute nascere. In un garage poi? Figuriamoci!! Tutti sapete quanto sia complicato aprire un qualsiasi esercizio commerciale nel nostro Paese o perfino vendere delle torte fatte in casa. Figuriamoci offrire ai giovani una Scuola che insegni loro un mestiere, una Università che gli consenta di fare apprendistato in un’azienda mentre ancora studiano, una Ricerca che consenta loro di formarsi durante gli studi e durante il lavoro e soprattutto un mercato e delle regole che gli consentano di mettersi in proprio e sperimentare sul campo quel che hanno imparato, avviando con regole semplificate una propria attività commerciale, artigianale o perché no, avendone le possibilità, anche industriale. Per carità ...!
Dicevano i latini “quieta non movere”: meglio lasciare tutto com’è e anziché rinnovare la politica, i partiti, il sindacato, col pericolo di dover rinunciare a poltrone e privilegi di varia natura, è ora molto più facile invocare il “conflitto generazionale” e mettere i giovani e i precari contro i loro padri e i loro zii colpevoli di percepire pensioni di 3.000 euro lordi al mese considerate “d’oro” per il solo fatto di essere calcolate col metodo retributivo.
Poi ci sarebbero sempre la spesa pubblica e il mistero del perché se io costruisco un muretto nel mio giardino mi costa 1.000 euro e se lo costruisce il Comune o la Provincia in un luogo pubblico ne costa almeno 5.000 ... “ma quella è un’altra storia”. (citazione cinematografica dal vecchio ma sempre bellissimo “Irma la dolce”).