giovedì 1 ottobre 2015

ALLEGRIA E SPERANZA MA ANCHE UNA BUONA DOSE DI ANGOSCIA E UN PIZZICO DI TRISTEZZA

di Achille Nobiloni

Allegria, speranza ma anche una buona dose di angoscia e un pizzico di tristezza: questo è quel che provo quasi sempre quando mi fermo a guardare i visi degli adolescenti di oggi e non certo per le incognite del loro domani quanto per la condizione del loro oggi.
A vederli così, in gruppo, all’uscita della scuola, alla fermata dell’autobus, con i loro zainetti in spalla, i loro improbabili tagli di capelli, i loro jeans, giubbini, scarpe da ginnastica più o meno di marca e, perché no, con qualche orecchino o piccolo tatuaggio sparsi qui e là, fanno sorridere e mettono allegria: in gruppo i ragazzi sono uniti, scherzano tra loro, si corteggiano, parlano di tutto, gareggiano fra loro in simpatia, arguzia, fascino e tutti insieme creano un’onda di gioventù e vitalità che da appunto speranza, speranza che la crisi finisca e che loro, gli adolescenti di oggi, riescano prima o poi a risollevare le sorti del Paese.
I guai, almeno per me, cominciano quando mi metto a guardarli in viso uno per uno e a farmi mille domande su ognuno di essi. Infatti a guardarli singolarmente si colgono piccole differenze dietro le quali si nasconde tutto un mondo. Un mondo che non sempre è allegro e spensierato come quando questi ragazzi sono tutti insieme, tutti in gruppo.


Cominci col notare uno sguardo velato di tristezza, un’occhiata di nascosto alle scarpe nuove dell’amico, uno zainetto rattoppato e altri piccoli segnali che ti fanno cogliere tante differenze e dalle differenze materiali cominci a riflettere sulle altre, sulle differenze sociali, sulle diverse situazioni familiari e ti chiedi come sia il rientro a casa per ognuno di questi quindicenni.
A me capita spesso di immaginare i molti che avranno i genitori separati, dei fratelli piccoli da accudire, il padre disoccupato, la madre ammalata, l’ufficiale giudiziario fuori la porta di casa; oppure quelli che non sanno cosa voglia dire pranzare o cenare tutti insieme; quelli che si rinchiudono nella loro cameretta isolandosi mentre i genitori litigano nell’altra stanza; quelli che vedono il padre o la madre preoccupati per il lavoro, la salute o i soldi e non sanno, i ragazzi, come potersi rendere utili e che reagiscono ammutolendosi, non studiando, uscendo da soli o diventando intrattabili e violenti.
E poi mi chiedo quali pensieri affollino la mente di questi ragazzi quando, lasciato il gruppo e rientrati a casa, si ritrovano nelle situazioni critiche sopra descritte. Come giudicano i genitori: incapaci? sfortunati? deboli? egoisti? Cosa provano nei loro confronti: commiserazione? risentimento? indifferenza? Come immaginano il loro futuro? Come si sentono giudicati dai genitori? Un peso? Una responsabilità? Una delusione? Quali effetti la situazione familiare avrà su di loro? Si sentono incapaci di reagire a essa o invece fiduciosi di riuscire a cambiare la loro condizione e a far meglio dei genitori? Per quanti di essi la loro condizione sarà uno sprone e per quanti altri sarà invece un ostacolo?
In fondo a quindici anni tutti i ragazzi avrebbero diritto alle stesse opportunità e alla stessa spensieratezza ma non è così! Finché sono tutti in gruppo e li si guarda da lontano, sembrano tutti uguali e ci può essere chi li giudica allegri e divertenti e chi rumorosi e fastidiosi ma è guardandoli più da vicino e soprattutto guardandoli uno a uno che ci si rende conto di quante differenze ci siano e purtroppo anche di quante sofferenze: disagi che non sono notati per distrazione, che anche se notati non sono capiti per ignoranza e superficialità o non possono essere curati perché non ci sono il tempo o i soldi per farlo.
Qualcuno dirà che quella che sto descrivendo è una situazione da paese in via di sviluppo (il che non può essere certo considerata una giustificazione accettabile) e che le cose non stanno poi proprio così e queste situazioni non sono così gravi né così diffuse (e anche questa non sarebbe comunque una giustificazione valida) ma invece non è vero: le cose stanno proprio così e queste situazioni nel corso degli ultimi anni sono andate diffondendosi e aggravandosi sempre di più.
Istruttive al riguardo le prime righe dell’introduzione al libro “Come salvare il capitalismo”, interessante saggio sulle diseguaglianze sociali, in cui Robert B. Reich chiede: “Vi ricordate quando il reddito di un singolo insegnante o fornaio o commesso o meccanico era sufficiente per comprare una casa, avere due automobili e crescere una famiglia?”. Ebbene questo non accadeva solo negli Stati Uniti ma anche in Italia e oggi non è più così e la maggior parte delle famiglie è costretta a fare salti mortali per arrivare alla fine del mese e spesso chi ne risente di più sono proprio gli adolescenti. Disagi economici che creano disagi sociali che creano disagi psicologici ed è per questo che l’allegria e la speranza che mi suscitano le comitive di adolescenti all’uscita della scuola o alla fermata dell’autobus sono sempre accompagnate da una buona dose di angoscia e un pizzico di tristezza.

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